sabato 31 dicembre 2011

Il racconto di Capodanno


I GATTI DI ULTHAR
di H.P. Lovecraft - (15 giugno 1920)

Si dice che a Ulthar, oltre il fiume Skai, non si possono uccidere i gatti, e mentre guardo la bestiola accoccolata a far le fusa davanti al caminetto, non ho nessun motivo per dubitarne. Enigmatico, il gatto è affine a quelle strane cose che l’uomo non può vedere. È lo spirito dell’antico Egitto, depositario dei racconti a noi giunti dalle città dimenticate delle terre di Meroe e Ophir. E parente dei signori della giungla, erede dell’Africa oscura e feroce. La Sfinge è sua cugina, e lui parla la sua lingua; ma il gatto è più vecchio della Sfinge, e ricorda ciò che lei ha dimenticato.
A Ulthar, prima che i cittadini proibissero l’uccisione dei gatti, vivevano un anziano contadino e sua moglie, i quali si dilettavano a intrappolare e ammazzare i gatti dei loro vicini. Non so immaginare i motivi di questo peculiare passatempo, oltre al fatto che molte persone non sopportano i miagolii notturni dei gatti e non vedono di buon occhio il fatto che all’imbrunire si aggirino furtivamente nei giardini e nei cortili. Ad ogni modo, qualunque fosse la ragione, fatto sta che questo vecchio e sua moglie provavano un morboso piacere nel catturare e uccidere ogni gatto che si avvicinasse al loro tugurio. Inoltre, a giudicare dai rumori che si udivano dopo il tramonto, molti degli abitanti di Ulthar erano propensi a ritenere che il modo in cui i due coniugi uccidevano le malcapitate bestiole fosse assai particolare. Tuttavia, di ciò gli abitanti del villaggio non ragionavano mai con i due anziani, Scoraggiati dall’espressione che abitualmente vedevano sulle loro facce avvizzite, e dal fatto che la loro abitazione, una minuscola catapecchia, sorgesse sul retro di un terreno abbandonato, racchiuso nel folto di un querceto che la celava quasi totalmente alla vista.

I proprietari di gatti detestavano quella strana coppia, ma la paura che quei due incutevano superava l’odio. Di conseguenza, anziché ammonirli e trattarli come brutali assassini, si limitavano a impedire con estrema attenzione che un amato gattino domestico o selvatico predatore di topi si aggirasse intorno alla solitaria bicocca sotto gli alberi oscuri. Quando, però, per una inevitabile distrazione, un gatto spariva e si udivano i ben noti rumori al calare del buio, il proprietario della bestiola scomparsa non poteva far altro che lamentarsi impotente, o consolarsi ringraziando il fato che a sparire non fosse stato uno dei suoi figlioli. Perché gli abitanti di Ulthar erano gente semplice, e nulla sapevano sull’origine e la provenienza dei gatti.
Accadde un giorno che una carovana di strani nomadi delle terre del sud giungesse nelle strade acciottolate di Ulthar. Avevano la pelle scura, ed erano diversi dagli altri girovaghi che attraversavano il villaggio due volte all’anno. Predissero la sorte per una moneta d’argento nella piazza del mercato, e acquistarono collane colorate dai mercanti. Nessuno sapeva immaginare da quale paese provenissero questi curiosi stranieri. Alcuni li udirono recitare strane preghiere, e non si tardò a notare le strane raffigurazioni dipinte sui fianchi dei loro carri: esseri dal corpo umano e la testa di gatto, falco, ariete o leone. Il capo della carovana portava un copricapo dal quale spuntavano due corna, e tra queste campeggiava un curioso disco.

Tra i vagabondi della singolare carovana faceva spicco un ragazzino, orfano di entrambi i genitori, la cui sola compagnia era un piccolo micetto nero per il quale mostrava tenero affetto. La peste non era stata indulgente con lui, fortunatamente gli aveva lasciato quel grazioso batuffolo di pelo ad alleviare la sua tristezza; e si sa, quando si è piccoli è facile trovare conforto nelle simpatiche moine di un gattino nero. Cosicché, il ragazzino, che quei nomadi dalla pelle scura chiamavano Menes, passava più tempo a ridere che a piangere quando sedeva a giocare col suo grazioso micino sulla scaletta di un carro adorno di quegli strani disegni.
La mattina del terzo giorno trascorso a Ulthar dai girovaghi, Menes non trovò il suo gattino. Scoppiò in singhiozzi, e sentendolo piangere così forte nella piazza del mercato, alcune persone gli raccontarono del vecchio e di sua moglie, e dei rumori che si sentivano di notte. Nell’udire quei racconti, Menes smise di piangere e prese a riflettere, poi cominciò a pregare. Alzò le braccia verso il sole e pregò in una lingua che suonò incomprensibile a tutti. In verità, nessuno si sforzò di capire ciò che diceva, in quanto l’attenzione dei presenti era rivolta al cielo e alle strane forme che le nuvole andavano assumendo. Si trattò di un fenomeno stranissimo: mentre il ragazzo mormorava la sua supplica, sembravano prender forma nel cielo nebulose figure di creature esotiche, ibridi esseri coronati da dischi a due corna. La Natura abbonda di illusioni che impressionano la fantasia.
Quella notte i girovaghi lasciarono Ulthar per non farvi mai più ritorno. E una sottile inquietudine assalì i cittadini allorché si accorsero che in tutto il villaggio non vi era più un solo gatto. Da ogni focolare la domestica bestiola era sparita senza lasciar traccia: gatti grossi e piccini, neri, grigetti, tigrati, gialli e bianchi. Il vecchio Kranon, il califfo, accusò i nomadi dalla pelle nera di aver rapito tutti i gatti del villaggio per vendicare l’uccisione del gattino di Menes, e maledì la carovana e il ragazzino.
Ma Nith, il magro notaio del paese, reputava assai più sospettabili il vegliardo e la moglie, giacché l’odio di quei due per i gatti era ben noto a tutti, e diventava sempre più sfrontato. Ciò nondimeno, nessuno osò protestare apertamente contro la sinistra coppia; neppure quando il piccolo Atal, il figlio del locandiere, giurò di aver visto tutti i gatti di Ulthar radunarsi al tramonto nel campo maledetto nascosto dalle querce. Non solo; li aveva visti sfilare lentamente in circolo intorno alla capanna, in fila per due, come se stessero celebrando un misterioso rito bestiale. Gli abitanti di Ulthar non potevano dar credito alle parole di un ragazzino, ed erano propensi a credere che la malvagia coppia avesse ucciso tutti i gatti con qualche sorta di misterioso incantesimo; ciò nonostante preferirono non affrontare il vecchio finché non lo avessero avuto a tiro fuori dal suo cortile buio e repellente.
E così Ulthar andò a dormire con la sua rabbia impotente, e quando all’alba si risvegliò — prodigio! Tutti i gatti erano ritornati al loro focolare domestico. Grossi e piccini, neri, grigi, tigrati, gialli e bianchi, non ne mancava neanche uno. A guardarli apparivano belli grassi e col pelo più lucido che mai, e tutti facevano le fusa manifestando gioia e soddisfazione.
I cittadini si confidarono il fatto a vicenda, non senza una buona dose di stupore. Il vecchio Kranon insistette nuovamente nella sua convinzione che a rapirli fossero stati i girovaghi dalla pelle scura, giacché non era mai successo che un gatto ritornasse vivo dalla casa del vecchio e di sua moglie. Tutti, però, concordavano su una cosa: il rifiuto dei gatti di mangiaré la loro porzione di carne o di bere la loro ciotola di latte era davvero strano. E per due giorni interi gli oziosi e lucidi gatti di Ulthar non vollero toccar cibo, ma soltanto sonnecchiare al sole o in casa davanti al caminetto.
Ci volle un’intera settimana perché gli abitanti di Ulthar notassero che al calar della sera nessuna luce brillava alle finestre della casupola in mezzo agli alberi. Allora il magro Nith osservò che nessuno aveva più visto il vegliardo e sua moglie dalla notte in cui erano scomparsi i gatti.
Passò un’altra settimana e fu allora che il califfo decise di vincere le sue paure e di recarsi alla dimora stranamente silenziosa, ottemperando al suo dovere. Nel farlo, però, agì con prudenza portando con sé Shang il fabbro e Thul il tagliapietre in qualità di testimoni. E quando buttarono giù la fragile porta, quel che trovarono fu esattamente questo: due scheletri umani sul pavimento minuziosamente spolpati e una quantità di strani scarafaggi che strisciavano negli angoli bui.
Ci fu un gran parlare tra la gente di Ulthar dopo questa scoperta. Zath, il medico, discusse a lungo con Nith, il magro notaio; e Kranon, Shang e Thul furono tempestati di domande. Persino il piccolo Atal, il figlio del locandiere, fu sottoposto a un serrato interrogatorio, e infine ricompensato con qualche dolciume. Si parlò del vecchio contadino e di sua moglie, della carovana di girovaghi dalla pelle scura, del piccolo Menes e del suo gattino nero, della preghiera di Menes e di come era apparso il cielo durante la preghiera, di come si erano comportati i gatti la notte della partenza della carovana e di ciò che successivamente fu scoperto nella casa sotto gli alberi fitti del cortile repellente.E fu così che infine gli abitanti della città promulgarono quella singolare legge di cui parlano i commercianti di Hatheg e discutono i viaggiatori di Nir, e cioè che nella città di Ulthar è vietato uccidere i gatti.

Add a cat!

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giovedì 29 dicembre 2011

La Gran Bretagna abolisce la quarantena

Una grande notizia per il nuovo anno: Londra ha finalmente deciso di abolire la quarantena di sei mesi per gli animali da compagnia, legge che era in vigore dall'800.
Non è più necessario imporre una quarantena di sei mesi agli animali da compagnia, grazie alle moderne vaccinazioni anti-rabbia e ad altri trattamenti. Gli animali dovranno semplicemente essere vaccinati contro la rabbia. Infatti resta obbligatorio un periodo di attesa di 21 giorni fra la vaccinazione e l'ingresso nel Regno Unito.
Il ministro dell'Ambiente Caroline Spelman ha dichiarato: "Il sistema di quarantena britannico era stato messo a punto nel XIX° secolo per combattere la rabbia ed è ampiamente superato dai progressi scientifici", ha sottolineato. "E' tempo di cambiare queste regole sorpassate che hanno creato seri problemi a generazioni di proprietari di animali di compagnia e a chi degli animali ne aveva bisogno nella quotidianità."

Finisce dunque per i proprietari di cani e gatti la quarantena di sei mesi a partire da un esame del sangue obbligatorio. L'esame del sangue e la quarantena spariscono per gli animali provenienti dall'Unione europea e da una serie di Paesi fra i quali Stati Uniti e Australia. Per altri Paesi come Brasile, India e Sudafrica restano obbligatori l'esame del sangue e una quarantena di tre mesi.

Basta botti

Non possiamo che sostenere questa campagna contro una tradizione stantia, idiota, inutilmente dispendiosa:

Il gatto e la volpe

Un incontro inaspettato:

domenica 25 dicembre 2011

Giorgio Bocca e i gatti

Di Giorgio Bocca, partigiano, scrittore e giornalista, ricorderemo qui il suo amore per i gatti.
Disse tra l'altro: "sono debitore ai miei gatti di rare beatitudini."


Come non condividere questo pensiero?

Intervistato da lettera43 lo scorso aprile, lo scrittore viene descritto "seduto nella penombra della sua elegante casa al centro di Milano, con un vecchio pc di fronte e centinaia di libri intorno, così tanti che sembra che il Novecento sia lì a guardarti, severo e polveroso, tutto stipato in quegli scaffali che sovrastano ogni cosa: i quadri, i tappeti, il gatto, finanche il silenzio."

Da "Il viaggiatore spaesato", scritto nel 1996, qualche riflessione sui suoi compagni felini:

Di noi uomini i gatti hanno capito molte cose, se non tutte: sanno, da millenni, che con noi non devono mai darsi, ma farsi sempre corteggiare, mai girarsi quando l'umano li chiama, ma strusciarsi sulle sue gambe quando non se lo aspetta perché gli sia ben chiaro che loro gatti fanno quel che vogliono e, se l'umano lascia un cotechino delle Langhe incustodito, in un lampo lo afferrano. Da millenni il patto è questo: convivono, afferrano, divorano ma senza ombra di pentimento e questo piace al masochismo dell'umano. Quando hanno fame ti guardano come se fossi la Madonna, imploranti e magnetici, ma una volta mangiato si allontanano lentamente, di traverso. Non chiamate, non si degnano ...

Mi vogliono bene i miei gatti? Difficile dirlo. Ti arrivano di un balzo sul petto e ci si insediano come la sfinge, per l'eternità. Sì, forse mi vogliono bene, ma sempre dopo i loro desideri e gli scatti e gli scarti di belva domestica, che vive con gli umani senza rinunciare a nulla della sua naturale innocente ferocia ...

Non c'è nulla che abbia deciso di fare che tu possa cambiargli in quella testa. A volte sembra che ti stia dicendo: tu umano sei un po' fanciullesco, tu pensi che non sia più completamente un gatto, che abbia ceduto all'accasamento, a questo cuscino, morbido e caldo, alle tue carezze, ai giochi con le noci rotolanti sul pavimento, ma se di colpo mi fermo a guardare ciò che tu non vedi sono ancora un fascio di nervi, di istinti, d'imprevedibile follia.


Grazie a http://mazluc.jimdo.com/ per le citazioni.
La foto con il gatto è tratta dalla galleria pubblicata dal Corriere della Sera per commemorare la morte di Bocca.

venerdì 23 dicembre 2011

Il micio bianco di Anitona

Anita Ekberg ha chiesto un sostegno economico alla Fondazione Fellini: “Sono rimasta sola e senza soldi, aiutatemi”.
L'ormai ottantenne protagonista de La dolce vita, ridotta a uno stato d'indigenza, risiede oggi in una clinica per lungodegenti vicino a Roma. Ha subito una frattura al femore e non è più autosufficiente. “Chiediamo alla Fondazione di voler condividere con altri benefattori la possibilità, anche modesta, di aiutare una brava attrice, veramente meritevole di ogni bene”, scrive il commercialista Massimo Morais, amministratore di sostegno della Ekberg.
La Fondazione Fellini di Rimini è però in grave crisi finanziaria, tanto da essere chiusa fino al 2012 per transizione societaria. La Ekberg aveva tempo fa dichiarato che non le era sufficiente la pensione ottenuta tramite la legge Bacchelli (che assegna un vitalizio straordinario fino a un massimo di 24.000 euro annui ad artisti di talento che si ritrovano in situazione di indigenza).
Qui la vediamo nella celeberrima scena della fontana, dove compare anche un tenero micetto:

lunedì 19 dicembre 2011

Mici-amici: Blu

Ecco un nuovo gatto della famiglia mici-amici. Si chiama Blu e aspettiamo che Mattia racconti la sua storia:

domenica 18 dicembre 2011

Il micio nero dell'Alpe di Siusi

Eccolo qui: nero nero in un panorama bianchissimo, con la sua gattaiola nel portone della stalla.


domenica 11 dicembre 2011

Daniel: un gatto con 26 dita

Su Repubblica video si parla del gatto Daniel, che ha 26 dita.
La polidattilia felina è ben nota: ne avevamo parlato qui, quando abbiamo raccontato dei gatti di Hemingway o meglio dei discendenti del suo Snowball (è quello bianco, nella foto in bianco e nero della galleria) di cui ha scritto lazampa.it

lunedì 5 dicembre 2011

Mapplethorpe, Smith e il gatto

Oggi, al Forma di Milano, ho visto la mostra di Mapplethorpe.
Tra le foto la famosa serie con Patty Smith. In una, un bel micio bianco e nero come la mia Piumina:

Tigri

Al Gandhi Zoo di Gwalior (India) sono nati qualche settimana fa due tigrotti:


La mamma è bianca. Mi par di capire che c'è, in questo zoo, un gruppo di tigri bianche: