La Potti non riusciva a capacitarsi di come quei due deficienti si fossero installati in casa. Il Tigrato Marrone era arrivato in autunno da una montagna dei dintorni. Era vissuto in una fattoria del Triangolo Lariano, nome che alla Potti suonava malefico come quello delle Bermuda. Odore di pericolo e catastrofe. E tanfo di maiali e pollaio, che il piccoletto emanava da quel pelame corto e ruvido. Poi, dopo qualche anno, era comparso il Siamese. Magro, stremato, sembrava agli sgoccioli. Il Grigio, suo fratello, aveva fatto le valigie quasi subito, ma il Siamese era rimasto. Da piccolo che era, a forza di rubare cibo si era trasformato in gatto massiccio, infido e pericoloso. Psicopatico anche. Si piazzava sul letto della Mamma e si ciucciava tra rumori ripugnanti finchè non gli veniva presentata la ciotola.
La Potti era disgustata da quel gattaccio con pretese di pedigree. Aveva notato certe striature scure sulle cosce potenti del Siamese, un eccesso di nero su muso e zampe che svelavano le origini bastarde del soggetto. Altro che Oriente. Boschi della bergamasca.
(continua)
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