Il mio amico Antonio pubblica su facebook un appello riguardante una "
festa" dove si consuma carne di gatto. Inutile dire che condivido la sua indignazione per come vengono macellate le povere bestiole. E che mai e poi mai banchetterei con carne felina.
Antonio è da anni vegetariano, io sono una quasi-vegetariana, nel senso che di carne ne mangio, per scelta salutistica ed etica, pochissima. Carne di manzo, coniglio, pollo, cavallo o maiale, beninteso. Ho mangiato insetti (in Messico) e serpenti (Malesia). Carne felina, nemmeno voglio pensarci. Perchè?
Marvin Harris (1927 – 2001), che fu direttore del Dipartimento di Antropologia della Columbia University, ha pubblicato una ventina d'anni fa un interessante libro,
Buono da mangiare, dove discute i tabù alimentari. In estrema sintesi, la scelta di ciò che è buono sarebbe fortemente condizionata da fattori economici, religiosi e ambientali.
Ciò che determina il "buono" ed il "lecito" è il bilancio costi-benefici nella produzione dell’alimento stesso.
La vacca sacra è, per esempio, un efficace spazzino e produce latticini, oltre a fornire la forza che muove gli aratri. E' dunque un animale essenziale per l’economia della zona. Ecco perché non viene mangiata, e perché esistono anche "pensionati" per vacche sacre anziane!
Gli americani ( e gli Inglesi) inorridiscono per il consumo europeo di carne di cavallo. La passione per i Francesi verso le lumache è altrettanto inspiegabile, per loro.
Inoltre, per ogni civiltà, mangiare un
pet è tabù: per noi cavalli e conigli non sono
pet , per gli Americani sì. Tutti gli Occidentali inorridiscono per la consuetudine cinese al consumo di cani, e sono perplessi anche dal fatto che in Australia canguri e coccodrilli sono serviti a tavola.
Si affiancano a questi tabù i divieti religiosi. Il maiale non è adatto all’ambiente arido e al clima del Medio Oriente; per essere allevato, poi, dovrebbe nutrirsi degli stessi cibi dell’uomo e diventare, così, un suo competitore. Invece, bovini, ovini e caprini si cibano di erbe e fogliame del tutto non adatti all’alimentazione umana: non sono nostri competitori, sono economicamente vantaggiosi in termini di bilancio costi-benefici. Da qui il divieto.
Il libro è una lettura a mio avviso fondamentale. Il capitolo sul latte e l'intolleranza al lattosio è avvincente.