martedì 23 febbraio 2010

The biophilia hypothesis

In attesa di linkare l'audio completo della trasmissione, qualche commento su quello che ho sentito ieri sera alla Zanzara di Cruciani su Radio 24, dove è intervenuto Bigazzi, il pensionato che per dieci anni si è dedicato anima e core alla RAI. Tralascio le informazioni che qui e là venivano date sul Bigazzi al fine di restituirgli la dignità del colto uomo di successo con un passato da manager: ma è la povertà degli argomenti di costui a ridicolizzarlo vieppiù. Sosteneva, l'ex cuoco di gatti, che da un'epoca contadina in generale spietata con gli animali si è passati a quella delle smancerie. A quella dei gatti confinati nelle case cittadine, castrati e ridotti a zimbelli. E qui sposerebbe la tesi di Tom Regan, filosofo che ha argomentato a favore dei diritti animali. In Gabbie vuote Regan riassume la base dei diritti animali, i principali abusi perpetrati dagli umani sugli altri animali e le linee-guida animaliste, secondo le quali la richiesta del movimento non dovrebbe essere quella, come spesso accade, di gabbie più grandi, ma appunto di gabbie vuote.
Ci sono però, tra le ricette di gatto in umido della Prova del cuoco e le gabbie vuote sfumature che varrebbe la pena di considerare.
Che l'animale da utilità sia un vago ricordo se non in realtà sempre più limitate forse possiamo concederlo, anche se il Bigazzi dimentica le condizioni degli animali negli allevamenti. Ma che la funzione di animale da compagnia sia ridotta ad espressione di smancerie e atteggiamenti leziosi non è accettabile.
E. O. Wilson ha introdotto - credo negli anni '80 - il concetto di biofilia, per il quale l’affinità dell’uomo con la natura, e quindi con tutti gli esseri viventi, è innata, un prodotto della selezione naturale, essendo la biofilia un vantaggio per gli esseri umani. Abbiamo dunque sviluppato una capacità di interazione con animali e piante forte e profonda, per quanto sussistano manifestazioni biofobiche come quelle esemplificate da Wilson in Woody Allen (che prende tutte le precauzioni possibili per evitare ogni contatto tra il suo corpo e organismi viventi).
Sono moltissimi ad avere questa pulsione zootropa, ben diversa dagli esibizionismi patologici alla Paris Hilton che ostenta il suo chihuahua come una borsa di Vuitton (o dentro una borsa di Vuitton).
A me questo Bigazzi pare un troglodita. Uno che non si rende conto di mutazioni epocali. Quelle che hanno sviluppato in noi il rispetto degli animali facendolo convivere con la necessità di cibarsi di essi e hanno portato alla definizione di animale d'affezione.
Gli direi di leggere di Michael Pollan Il dilemma dell’onnivoro (Adelphi, 2008), dove si traccia un ritratto l’alimentazione negli USA e si considerano, tra l'altro, le contraddizioni culturali del capitalismo, un sistema in cui, col tempo, l’impulso economicista tende a erodere i pilastri morali della società. Un sistema nel quale la pietà nei confronti degli animali da noi allevati è una delle ultime vittime. Si può mangiare carne rispettando gli animali? Pollan trova la risposta alla Polyface di Joel Salatin, dove tutto avviene in piena trasparenza e il consumatore prende coscienza della catena alimentare macellando il proprio pollo con le proprie mani. Pollan sperimenta poi una cena da cacciatore-raccoglitore, riappropriandosi del rapporto diretto con ciò che mangiamo.
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